martedì 3 settembre 2019

Svizzera bagnata Svizzera sfigata – 2019


Sappiamo tutti che nella settimana di ferragosto è meglio evitare i luoghi balneari: troppa confusione, troppe code, è preferibile andare in montagna.
Così il sabato che precede ferragosto decidiamo di partire di buon’ora io, Edo e Meno alla volta della Svizzera, ritrovo ore 6 a casa di Meno.
Perché partire così presto? Quando devi fare un viaggio di 8-10 ore e hai possibilità di guidare senza traffico ed al fresco è bene approfittarne.
Pronti via arriviamo a Mantova dove Edo mi affianca e mi dice: #*+\§ù$ LA MOLLA #£^+*ç”.Una volta fermi vedo che ha perso la staffa che tiene su la molla di sostegno del cavalletto, ed è strano perché Edo non rompe mai nulla.
Per fortuna un generoso cittadino delimita la sua proprietà con una rete composta di filo di ferro, quelle verdi con una trama a rombi, con una tronchese ed un piccolo sforzo ricreiamo la staffa e ripartiamo....
Ci fermiamo a fare colazione al Caffè Sordello di Goito, un bar molto carino e ben fornito.
Siamo in viaggio da ormai due ore e tutto procede secondo i piani.
Direzione Milano ma alla volta di Crema Edo mi affianco di nuovo, ci fermiamo in mezzo al nulla e vedo la sua marmitta penzolare, ha perso la vite che tiene attaccata la marmitta al telaio.
Strano perché Edo non rompe mai nulla!!!!
Cerchiamo tra i guardrail, i cartelli stradali, i lampioni ma nessuna vite combacia, dobbiamo trovare una ferramenta.
Nel mentre stringiamo anche le viti del collettore marmitta-cilindro, essendo stata sospesa a lungo i dadi si sono allentati e la marmitta ha cominciato a sfiatare.
Ricordatevi di questo episodio perché più avanti ci farà comodo.
La ferramenta è poco più oltre lungo la strada, compriamo una M10-20mm a testa esagonale e ripartiamo.
(Vi do un consiglio gratuito: partite sempre di sabato così se emergono problemi trovate i negozi aperti..).
Sorpassiamo Crema, Milano, e nei pressi di Como ci fermiamo a pranzare, è ormai l’una. Dopo un’oretta trascorsa nel parcheggio di un’azienda a mangiare panini ed alette di pollo ripartiamo verso il confine e giunti a Lugano ci fermiamo in un centro commerciale a comprare le SIM svizzere ed io mi faccio inculare in 3 2 1: di fronte al negozio di telefonia c’è un cambia valute e di fianco un bancomat, andando a colpo sicuro vado dal bancomat e prelevo 100 dollari svizzeri, pagandoli 96€, si sa che tra un uomo ed una macchina sarà sempre il primo a fregarti.
Ed invece no, qui siamo in Svizzera non a Caracas, per curiosità vado dal cambia valute a chiedere cosa mi sarebbero costati 100 pesetas svizzeri e mi dice 92€….
Dopo un’oretta, sono ormai le 17, arriviamo a Cadenazzo dove dormiamo in quel di Pianturin, una specie di borghetto tra i monti composto da una decina di capanne in pietra.
Un posto incantevole sia nel contorno vegetativo sia nella struttura del borgo.



La capanna è molto bella, nuova e rifinita in legno, al secondo piano c’è la zona notte composta sostanzialmente da un lettone a castello in cui si dorme in 3-4 sotto e 3-4 sopra. La luce ha un timer, viene accesa non da un pulsante ma da una rotella che arriva massimo fino a mezz’ora, cosa strana. Il bagno è normale, senza infamia e senza lode. Alla sera non sfruttiamo il camino fuori da ogni capanna come fanno gli altri ospiti ma usiamo la cucina comune per prepararci un buon piatto di pasta, un euro a testa di spesa e passa la paura.  La gestione a propria insaputa ci offre anche una bottiglia di vino che finisce nello stomaco di Edo e Meno.




Per soli 23€ a testa è un posto che consiglio a chi viaggia nella zona, li merita tutti. Il giorno dopo ripartiamo, direzione ponte sospeso Carasc, ad una mezz’oretta di viaggio. Il ponte è raggiungibile con una camminata di una trentina di minuti nel bosco, il caldo ed i bagagli in spalla non rendono questa camminata proprio piacevole ma arrivati a destinazione troviamo un ponte lunghissimo, altissimo, e sospesissimo.

In questo caso le mie mie vertigini vengono battute dalla mia curiosità. Il tempo butta male però, comincia a sgocciolare e abbiamo molti km da fare quindi ci rimettiamo in marcia in fretta.

Recandoci nella Svizzera tedesca attraversiamo il San Gottardo ed il passo della Furka senza godere del paesaggio, la tremenda foschia e la pioggerellina non ci rendono le cose piacevoli.
Edo, che non rompe mai nulla, non riesce a salire agevolmente su per i monti, la sua Vespa è scarburata dura, proviamo a risolvere con quello che abbiamo ma poco cambia. Passiamo da Gelmerbahn dove il mio piano di fare un giro sulla funicolare panoramica svanisce causa maltempo. Riusciamo a visitare una diga enorme ed un lago lì vicino poi decidiamo di andare verso Interlaken a dormire. Non ci arriveremo mai. Meno lamentava dei problemi al freno dietro, siamo costretti a fermarci e levando la ruota troviamo una molla spezzata, non permette così il rientro del freno che resta sempre tirato.


Ricostruiamo il gancio con una spira della stessa molla, tempo di richiudere che inizia a diluviare, siamo costretti a cercare da dormire nella zona e troviamo posto poco più in là in un hotel a 3 stelle.
Consumiamo la cena in hotel, ci serve una cameriera spagnola calda come il brodo che parla l’italiano e spende due parole per intrattenerci, poi a letto presto e la mattina dopo si riparte.
Il soggiorno e la cena ci sono costati una cosa tipo 100 sesterzi a cranio, fuck.
Ci aspetta una lunga giornata di pioggia, direzione un ostello ad Interlaken, cittadina che separa due laghi al centro della zona che vogliamo visitare: l’Oberland Bernese.
 Arriviamo verso pranzo saltando una serie di mete che mi ero prefissato tipo cascate, grotte, laghi e l’osservatorio più alto d’europa: Jungfraujoch; mangiamo con i panini rubati dal buffet della colazione con la spagnola e facciamo il check-in.
Nel caso non ci foste mai andati gli ostelli sono strutture per viaggiatori, economiche e con poche pretese: offrono camerate grandi in cui finisci a dormire con non si sa chi, il bagno è condiviso e ti mettono a disposizione una cucina comune. Comincia il bello. Edo pronti via e apre la porta della nostra stanza con un calcio, la neozelandese che c’è dentro ci guarda subito stranita ma d’altronde doveva capire chi comanda d’ora in avanti. Ci sistemiamo e nel mentre faccio due chiacchere con la Maori, parliamo fra le altre del suo paese e mi dice che in NZ si parlano 3 lingue: inglese, maori e linguaggio dei segni. Avrei fatto un appunto dicendo che il linguaggio dei segni è parlato ovunque per venire incontro alle esigenze dei sordomuti e non lo definirei una lingua vera e propria ma evito la precisazione.
Visitiamo la cittadina che è piena di asiatici e arabi, questa cosa la riscontriamo in tutta la parte tedesca di Svizzera. Io prendo delle fragole con cioccolato fuso, poche fragole, poco cioccolato, molti soldi: mi costa 8.9 dolla, al cambio fa tipo 8€.
Cosi associo gli asiatici e gli arabi visti in precedenza con il costo elevato della vita e tutto torna, mancano solo i russi per chiudere il cerchio della ricchezza. Edo e Meno nell’ultimo acquazzone si sono lavati nonostante l’antipioggia della Spidi (fan cagare non comprateli, la loro impermeabilità dura quanto un gatto in autostrada, io col mio Tucano Nano vado da dio). Troviamo un negozio di abbigliamento da moto a Thun e decidiamo di andarci a far spesa. Durante il tragitto finiamo in autostrada, lì non ci sono caselli e nemmeno cartelli col divieto di accesso per mezzi di piccola cilindrata, spero non mi arrivino milioni di dracme di multa. Comprato l’antipioggia nuovo facciamo un giro per Thun, città molto carina, attraversata da un fiume di un colore azzurro limpido e caratterizzata da un’architettura fiabesca.


Purtroppo il meteo avverso non ci permette di dedicarle il tempo che merita e vediamo poco.
È giunto il momento di cenare e di provare questa fantomatica cucina condivisa. Non l’avessimo mai fatto. Ci vuole almeno mezz’ora perché arrivi il nostro turno ai fornelli, vediamo ondate di cinesi cucinarsi della merda in barattolo tipo saikebon e altre sporcherie non meglio definite.
Tocca al nostro pollo con funghi del Lidl, di fianco abbiamo: una cinese che butta del riso a bollire e se ne dimentica, inutile dire che in quella pentola ci abbiamo infilato del sale, dello zucchero e la lanugine del mio ombelico. Siamo pur sempre italiani. Qualche fornello più in là c’è una tipa occidentale che prende una pentola, la riempie di acqua, ci mette una busta di tortellini e poi la appoggia sul fuoco finché l’acqua non evapora completamente, a quel punto ribalda tutto in un piatto e ci mette sopra una fetta di fontina o similare. 
Se sta gente si facesse un anno in galera da noi mangerebbe meglio. 
La mattina seguente ci svegliamo che in stanza c’è una persona in più che dorme, un maschio, non ben identificato. Facciamo colazione in mezzo ai cinesi ed ai loro saikebon e saliamo a fare le valigie, il maschio non ben identificato ora prende un’identità: direi più o meno pachistano, è di fronte allo specchio che si sta facendo la riga da una parte con un pettine bagnato, indossa una maglia urenda tutta dorata sopra a dei jeans grigi con delle scrillate d’oro e ha delle scarpe a punta fuori da ogni ragionevole dubbio, lo squadro e con spavalderia mi rivolgo a Meno che è di fianco a lui:
-          Non è mica male la maglia del tipo, anche i pantaloni fan merda.
-          Vabbè guardalo, cosa ti aspetti da uno così? è andata anche bene.
Tempo 30 secondi che il tipo mi guarda e in un italiano un po’ goffo mi chiede: voi da dove venite?

Meno intriga la testa nello zaino e comincia a ridere, io con la faccia come il culo lo guardo e gli rispondo Napoli.
Facciamo su le nostre cose e andiamocene che è meglio, qui ne abbiamo combinate abbastanza. Il tempo è di nuovo poco clemente, non piove ma quasi, direzione Lauterbrunnen, paesino incantevole che sembra uscito da una favola, verde ovunque, cime innevate a contorno, casine sulle colline ed una cascata altissima che sfocia in pieno centro.


Ci fermiamo per qualche foto, diamo un occhio allo splendido paesaggio e andiamo oltre fino a raggiungere una cascata all’interno di alcune grotte a Trummelbach. Paghiamo qualche fiorino all’ingresso e facciamo una gita di un’oretta dove si può ammirare il percorso dell’acqua all’interno della montagna per una decina di “piani”, fa impressione quant’acqua si muova e con quale violenza.


La visita finisce e andiamo oltre in questa stupenda zona per cercare da mangiare.

Finiamo in un albergo in fondo alla strada dove ci mangiamo una pesantissima fonduta.  Ci rimettiamo in marcia per andare più ad est, passando di nuovo da Interlaken che è un po’ il centro nevralgico di quest’area.
Ci fermiamo a legare con il fil di ferro il silenziatore di Edo, cosa strana dato che "Edo non rompe mai nulla"!!!!
Andiamo a visitare il lago di Blausee, lago Braies spostati proprio! È un laghetto non balneabile in cui hanno fatto una riserva di trote, si possono osservare le varie vasche in cui fanno crescere i pesci, una sorta di piccolo museo, qualche fiume e ponte. Ripartiamo e troviamo da dormire in un paesino dove ci sono solo scout in ritiro. Gli altri vanno a riposare ma io decido di restare in strada a guidare, sono le 18 e provo a visitare il lago Oeschinen ma purtroppo ci si arriva solo percorrendo 3km a piedi nel bosco, dato il clima non mi sembra il caso e salgo su di un monte a caso lungo una stradina stretta e ripida, finisco in cima in mezzo alle nuvole, non si vede una fava ma in cima trovo un rifugio dove si mangia. Vado di corsa a prendere gli altri e li riporto su ma al rifugio ci dice il gestore che quella sera non è possibile cenare perché manca la cuoca....


Andiamo quindi nel posto più tipico in zona, molto caratteristico, anche le cameriere sono vestite in stile. Edo le saluta facendo un rutto gigante a tavola mentre ordiniamo. Mangiamo Rosti, il piatto tipico svizzero composto sostanzialmente da un tortino di patate con uova e varie cose a scelta tra speck, formaggio o funghi. Mangiamo molto bene e paghiamo relativamente poco.


La mattina successiva il meteo è clemente nonostante gli 8° e partiamo verso il Lichtenstein facendo un smacinata di km, diamo un occhio a Lucerna, città molto bella e ci dirigiamo verso il confine.

 Lungo la strada abbiamo beccato un tizio su una moto Ceccato vecchissima, roba della guerra probabilmente con un po’ di comandi ai piedi, un po’ sul manubrio ed un po’ sul telaio centrale.


Dormiamo a due passi dal confine, in un posto infimo dove si mangia pure male.
Arriviamo in Lichtenstein il giorno di ferragosto dove si celebra la festa dei regnanti, c’è un grande evento in tutta la città di Vaduz con bancarelle, cibo e musica. Incrociamo una Vespa targata FE ma non riusciamo a fermarla, ci ferma però un calabrese che 40 anni fa si è trasferito lì con cui scambiamo due parole, anche lui patito di Vespa. Piccola visita al castello in cui vivono i regnanti e ripartiamo, Austria e poi Italia.


Arriviamo in Austria dalle parti del lago di Resia, zona che io e Meno avevamo già visto durante il primo brokeback mountain nel 2016. Piccola occhiata ad una vecchia base militare in cui ci sono dei carrarmati fuori, breve scorcio del campanile che emerge dal lago di Resia e dormiamo in un 2 stelle economico ma fighissimo, il garni Schönebenblich, restiamo piacevolmente sorpresi finalmente.


Il giorno dopo inizia il rientro attraverso lo Stelvio ed il Gavia, due passi che vanno assolutamente percorsi. Sullo Stelvio qualcuno scia anche, ci sono pur sempre 4°. Mangiamo della polenta sul Gavia dove becco uno Sloveno con targa personalizzata niente male.

Torniamo verso casa ma a Brescia ci dobbiamo fermare per la vespa di Edo, e questo è davvero strano perché Edo non rompe mai nulla!!!
Ricordate quando al primo giorno si è staccata la vite di sostegno della marmitta e si è allentato il collettore sul cilindro? 
Non si sono soltanto allentate le viti, ma a seguito dello sforzo dato dal mancato sostegno si è crepata la flangia di attacco e coi km percorsi si è spezzata a metà.


Sono cazzi ma per fortuna a due passi c’era un’officina aperta (venerdì 16 agosto!!) due punti di saldatura e siamo ripartiti, piccola sosta a Goito al Caffè Sordello e alle 22 ero in casa. 1700km in tutto.


Da questo viaggio abbiamo imparato diverse cose:
  • -          La svizzera costa un troiaio.
  • -          Le strade svizzere sono perfette, non abbiamo visto un buco.
  • -          La valuta svizzera non ci piace e piuttosto che chiamarla col suo nome ne usiamo altri anche di monete ormai in disuso da secoli.
  • -          Ogni fottuta volta che viaggiamo piove.
  • -          Edo non rompe mai nulla.

Alla prossima!

Nessun commento:

Posta un commento