lunedì 5 agosto 2019

Le Vespate di Chicco: Ep.1 Brokeback Mountain...

Incredibile, un articolo sulla Vespa...
...considerando che il precedente l'ho pubblicato il 26 luglio 2016, sono solo tre anni che non scrivo nulla.... a riguardo...perchè di fatto la Iole  non è praticamente mai uscita dal garage nel frattempo...
Ma c'è una vespa, o meglio un gruppo di Vespe, che invece macina km a non finire, facendo dei tour meravigliosi.
Tour che non sono da tutti in moto... figuriamoci in sella a delle vespette d'epoca.
Così ho chiesto a Chicco di buttarmi giù qualche articolo...ed ecco la nuova rubrica sulle sue Vespate.
Ci sarà da ridere...

Ed ecco l'episodio 1

Brokeback mountain 2019

Martedì 11 giugno 2019, Meno: Possiamo organizzare qualcosa per questo weekend, tu come sei messo?
Avete mai invitato un’oca a bere? È andata più o meno così.

Contestualizziamo le cose, ho 35 anni e da una decina siedo su una Vespa, di quelle vecchie, di ferraccio e che lasciano sempre la goccia di olio sul pavimento del garage. 
Non ho mai avuto la passione dei motori, posso anche dire di essere cresciuto in mezzo alle Vespe ma non gli ho mai dato grande attenzione, fino a circa 10 anni fa. 
Mi trovo due lire che escono dalla tasca e chiamo Carlo il guru della Vespa: voglio una Vespa verde mela! 
Tempo un mese e ce l’ho esattamente come l’avevo chiesta, perfetta ma ricostruita da un rottame. 
Finisco nel vortice e comincio ad impezzare tutti i vesparoli che becco in giro, imbattendomi in due giovani di Ferrara, Meno (125 Primavera arancione) e Manu (50 Special azzurra).
Insieme a Carlo (50 special nera) cominciamo i primi giri e la compagnia si espande, prima con Buba (50 N verde militare) e dopo con Edo (50 Special rossa).
Altrettanto in fretta abbandoniamo i raduni ufficiali, troppi vecchi e poca sostanza, per dedicarci a viaggi on the road ed in qualche anno diventiamo esperti di affidabilità, bagagli salvaspazio, attrezzatura antipioggia, riparazioni a bordo strada e navigazione alla vecchia maniera seguendo cartelli stradali e cartine geografiche.
Nel mentre cambio anche Vespa, la verde (50R 1971) finisce in garage e sfruttando un’occasione prendo un 125 Nuova Linea (1965).
I giretti diventano viaggi, gli zaini valigie e in un lampo giriamo Toscana, Marche, Dolomiti, Stelvio, Grossglockner, Sardegna, Monte Bianco, Gran Sasso...
Parliamoci chiaro, i viaggi on the road così tra amici sono una figata, viaggi all’avventura e torni con una marea di storie da raccontare ma è un inferno!
La Vespa va piano, vibra di brutto, non frena, curva da una parte sola, non ha posto per tenerci nulla. E poi mettere insieme 6-7 persone in un viaggio così è tutt’altro che semplice: ognuno ha le proprie esigenze, idee, possibilità.
Per questo un paio di anni fa, sfruttando la mancanza degli altri, ci ritroviamo a fare un weekend sulle Dolomiti io e Meno. In due non è la stessa cosa ovviamente ma è tutto tremendamente più semplice.
Arriviamo quindi a venerdì 14 giugno 2019 quando, complice uno sciopero dei metalmeccanici, riusciamo a instradarci verso le 13, direzione Lozzo di Cadore. 230 Km che tradotti in tempi vespistici sono circa 5 ore di viaggio (non possiamo andare in autostrada/tangenziale/statale e la nostra velocità media è di 80km/h, poi ci metti le soste benzina ogni 120 km circa, le pause per le chiappe, le strade sbagliate…. se consideri una media di 50km percorsi ogni ora ci pigli).
Il comodo di viaggiare in due è che le possibilità di rompere qualcosa calano drasticamente e se ti piace qualcosa lungo la strada ti fermi a guardarla senza fare un referendum.
Arriviamo facili a Padova dove poi ci perdiamo e giriamo un po’ come la merda nei tubi (cit.), ma riprendiamo in fretta la retta via, direzione Feltre.
Giungiamo ai piedi dei monti verso le ore 17 e ci fermiamo in un barettino a fare merenda, lì aiutiamo un vecchietto a far ripartire a spinta la sua altrettanto vecchia moto dato che è morta la batteria (forse).
Mezz’ora dopo siamo di nuovo in strada, tra una curva e l’altra mi trovo la diga del Vajont sulla destra, basta un cenno che ci capiamo subito e svoltiamo. Vuota, impetuosa, triste e piena di storia, merita decisamente una visita approfondita per coglierne l’essenza ma il tempo stringe e ci rimettiamo in strada dopo qualche scatto. Arriviamo a Lozzo di Cadore verso le ore 19, ai piedi della strada che ci porta al rifugio Ciareido dove dormiamo.
Controllo il telefono per vedere dove salire, simpaticamente Maps mi dice 51minuti per fare 12 km.
E sono serviti tutti!
Classica stradina di montagna, solo curve in mezzo agli alberi, larga quanto un’auto, ma ci ha regalato paesaggi mozzafiato.
Senza Panorama
Lungo la strada incontro una coppia in bici e chiedo se sono nella direzione giusta, mi rispondo affermativamente ma ci tengono a precisare che in Vespa non ci si arriva, ricordando le parole di Dante Non ragioniam di lor, ma guarda e passa annuisco e riparto.
Infatti l’ultimo chilometrino è una strada non percorribile (dagli altri) ma noi ce ne sbattiamo bellamente e ci avventuriamo (in maniera più o meno legale) in salita.
Off Road...
Per ben due volte mi blocco e devo ricorrere alle spinte di Meno per ripartire e tra sassi, sfrizionate e smadonnamenti vari arriviamo sul cucuzzolo.
Si apre un panorama strepitoso sotto la luce del tramonto.

Senza Panorama Vol.2
Il rifugio Ciareido ha 15-20 posti letto ma ci troviamo solo noi e i gestori.
Oltre alla salita impervia tra le rocce c’è pure un freddo becco, ovviamente il telefono non prende e ovviamente il bagno è esterno (non alla stanza, al rifugio).
Dopo aver consumato un’ottima cena, compresa nei 50€ pagati, a base di funghi, formaggio e selvaggina, andiamo a letto dentro i nostri sacchi lenzuolo freschi freschi di Amazon (ottima spesa, costano pochissimo e ingombrano quanto una borraccia) in una stanza ad occhio e croce 2-3 gradi più fredda della temperatura esterna di 8°, le termiche che indossiamo e le molteplici coperte di lana ci salvano.
Ovviamente di notte è diluviato, dentro al mio casco, che avevo lasciato sulla Vespa perché “tanto quassù non me lo fotte nessuno”.
Ma è già mattina ed è ora di ripartire, i gestori ci consigliano di visitare i bunker della prima guerra mondiale, piccola deviazione su una mulattiera tipo quella della sera precedente che ci mette di fronte ad una strada chiusa da un albero caduto, è adesso?
Spezziamo i rami e ci passiamo sopra!

Piccoli intralci....
Ci imbattiamo in questa zona colma di bunker scavati nella montagna, accessibili (in maniera più o meno legale) che ci regalano una mattina curiosa e diversa dal solito.



Tra le gallerie sotterranee e buie da film di paura finiamo anche ai piedi di un traliccio per le telecomunicazioni alto circa 40 metri su cui Meno (in maniera più o meno legale) si arrampica e arriva in cima. 

Io mi fermo dopo la prima rampa di scale e già mi tremano le gambe. 
Avete presente quelle inserzioni che vi appaiono su Facebook?
A me è uscito il lago di Tovel, un laghetto dall’acqua cristallina incastonato fra le montagne della Val di Non.
La peculiarità di questo lago è però svanita 50 anni fa, d’estate si tingeva di rosso vivo per via delle alghe che fiorivano al suo interno. Non è più rosso ma è comunque un bel lago in cui trascorrere una giornata in relax, quindi via!
Ci aspettano altri 200 e passa km per raggiungere entro sera il rifugio Peller situato vicino al lago. Lungo la strada ci fermiamo a visitare il museo della grande guerra “tre sassi” di Cortina D’Ampezzo.
Vedere le vecchie armi, le divise di cent’anni fa e leggere le storie dell’epoca è interessante ma quello che mi ha stupito sono le puttane.
Dico sul serio.
C’è una sezione dedicata a loro in cui mostrano foto e listini; un soldato all’epoca guadagnava circa 0.64€ al giorno (la razione di cibo giornaliera costava 0.50€, fate voi…) e la signora Viola che lavorava nei pressi dell’attuale museo chiedeva 3.91€ per 5 minuti (5 minuti, vuol direi che i preliminari te li devi fare da solo) con un guadagno giornaliero che passava i 400€ su cui doveva pagare il 7% di tasse. Non sono pratico dell’argomento ma facendo due conti basati su uno stipendio odierno di 1,500€ di un operaio è come se quei 5 minuti tutti speciali costino 9,164€ e la prostituta guadagni circa 100,000€ al mese.
Rimettiamoci in marcia che è meglio.
Percorriamo valli meravigliose, senza segno di anima viva. 

Senza Panorama 3
Arriviamo per cena al rifugio Peller, attraversando (in maniera più o meno legale) le solite mulattiere dissestate.
Il rifugio non ha nulla a che vedere col Ciareido nonostante costi uguale, è molto più grande, attrezzato e affollato, sinceramente preferivo la spartanità del primo ma ci adattiamo.
È disposto su 3 piani tutti uguali fra loro e Meno ne paga le conseguenze quando dopo aver fatto una passeggiata notturna si infila distrattamente in una stanza situata esattamente sotto la nostra: spalanca la porta, 2 passi dentro accendendo la luce, 3 secondi per capire che quegli estranei che lo guardano non stanno dormendo nel suo letto ma è lui nella loro stanza e si richiude la porta alle spalle facendo l’indiano.
Arriva mattina e il lago di Tovel ci aspetta, tempo un’ora e siamo là. Meno finisce la benzina quasi all’arrivo ma la tanica che si porta dietro (che citando Carlo “non serve a un cazzo”) gli salva la vita. L’ingresso al lago costa 5€, è una rottura ma ne ho spesi molti di più per cose molto più stupide. Camminando verso la sponda noto una coppia di fronte a noi che ci precede, ad alta voce esclamo Il lavoro ti segue ovunque, non puoi scappare dalla Berco! e la ragazza si gira. Federica detta Amy Winehouse, mia collega, era venuta a vedere lo stesso lago, lo stesso giorno, alla stessa ora, piccolo il mondo no?
Arrivata in moto col suo ragazzo, in moto…pfff, sono buoni tutti!

Assumendo un comportamento molto canino come vedo l’acqua mi spoglio e mi ci butto dentro. 

C’è anche voluto poco a capire il perché nonostante la moltitudine di persone in visita io fossi l’unico a fare il bagno, come il mio corpo ha toccato l’acqua è stato trafitto da migliaia di aghi, Google poi mi ha confermato che la temperatura media dell’acqua in quel periodo è di circa 12°. Dopo questa esperienza rigenerante mentre sono sulla riva che mi rivesto arrivano un papà con il figlio di 6-7 anni, un bimbetto sveglio e combattivo che affronta subito il genitore a chi fa rimbalzare di più un sasso sull’acqua, ma non contento della sfida Davide contro Golia alza anche la posta: chi perde paga il pranzo!
Il padre rassegnato risponde: non so il perché ma credo che pagherò io anche se vinco.
Ci facciamo due risate e ripartiamo verso casa lungo una statalona (SS47) che collega Trento a Padova, una bella strada ombreggiata e senza traffico. Dopo tot ore alla guida costeggiamo il Brenta, circa a metà strada, e sulla destra vedo un cartello che indica delle grotte, ovviamente non ce le facciamo sfuggire.
Grotte di Oliero, sali in una barchina che si infila in un angusto spazio alto circa 1m per raggiungere un paio di stanze in cui puoi osservare stalattiti, stalagmiti e farti raccontare la storia delle grotte. 

Carino ma il mese precedente eravamo a Frasassi, di cosa stiamo parlando….
Ci rimettiamo in marcia e arriviamo a casa per cena, dopo 800km percorsi in due giorni e mezzo. Nessuna rottura, budget tra i 150€ e i 200€, pioggia improvvisa lungo la strada (perché ogni volta che viaggiamo ci pigliamo dell’acqua?!), mangiato bene, visitato molti posti che non erano da programma, direi che tutto è andato da manuale.

PS: Il titolo è puramente casuale, nulla di ciò che si è visto nel film è stato riprodotto in questo viaggio.


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